Gholam Najafi, writer, Italian Team
Questo è il disegno del dormitorio in Turchia a Van, dove ho passato alcune settimane prima di imbarcarmi per la Grecia. Era un dormitorio sotterraneo simile a una pentola con il coperchio. Lì bollivano la rabbia, la disperazione, la paura di decine di clandestini. Luigi ha disegnato in un piano geometrico i miei vecchi ricordi. Da lì, dopo varie peripezie su un mare sconosciuto, sono finito nel centro di accoglienza per minori non accompagnati di Venezia, da questo luogo sono entrato in contatto con la popolazione italiana.
Uscendo dal centro di accoglienza, mi sono trasferito a Murano, dove vivo tuttora con la mia nuova famiglia e a stretto contatto con tanta altra gente locale. Il mio compagno di stanza ha aperto un ristorante con i suoi connazionali. Io mi sono iscritto ad un istituto alberghiero. La maggior parte della mia classe proveniva da tutte le parti del mondo, come l’acqua del mare. Solo una minoranza era di religione musulmana per cui la preparazione dei piatti in cucina veniva programmata in modo ragionevole, cioè i nostri insegnanti cercavano di andare incontro alle esigenze di ognuno. Alla fine le persone mangiavano le pietanze rispettando la loro origine o l’origine delle loro origini. Prima del nostro rientro pomeridiano a scuola, avevamo un’ora di pausa, in questo breve tempo andavamo a mangiare il kebab in una kebabberia turca. Avrei voluto conoscere questo piatto già in Turchia, ora non era più lo stesso conoscere un piatto tipico da un luogo lontano.
Oggi, grazie all’immigrazione dal Medio Oriente, il piatto “ruotante” del nostro intervallo è diventato famoso in tutto il mondo. I miei lettori, dunque, hanno notato con i loro occhi e le loro orecchie che, imparando il consumo e il nome di un cibo, si può servire una qualunque pietanza alla gente di qualunque posto, mentre il mio compagno di stanza ha seguito un’altra via, adottando ricette provenienti da vari paesi del Medio Oriente e servendole in modo esotico alla clientela locale.
This is the drawing of my dormitory in Van, Turkey: Luigi traced the geometric plan of my old memories. The dormitory was underground, like a pot with a lid. And there, as in a pot, the anger, the despair, the fear of dozens of illegal migrants were boiling unceasingly. From that dormitory I travelled through an unknown sea, ending up in Greece and then in a reception center in Venice, where I came into contact with the rest of the population. I then moved to Murano where I still live with my new family and in close contact with the locals. My roommate opened a restaurant with his compatriots; I was enrolled in a hotel management school where I learned various types of services: English, French, Russian and Italian. Most of my classmates came from all parts of the world like the water of the sea. The minority was Muslim, and our teachers tried to organize the lunch giving way to everyone’s taste preferences: at the end of cooking each of us was eating dishes that respected our origin or the origin of our origins. In the afternoon we had an hour break: in this short time, we used to buy kebab in a Turkish shop (kebabberìa). I would have known this dish when I was in Turkey: it was no longer the same to taste this traditional food in a different place. Today, thanks to migration from the Middle East, this “rotating” food is famous all over the world. My readers, therefore, would have noticed with their eyes and ears that by learning well the consumption and the name of a food, you can serve any dish to people from any place; while my roommate has adopted recipes from various Middle Eastern countries by serving them to local people.
One thought on “School notes/Gli appunti della scuola”
Grande Gholam! Complimenti per i tuoi articoli. Sono narrazioni di autenticità. Un vissuto che ha inscritto in sé un destino: quello della rivelazione all’uomo di sé stesso nella propria Storia che tende troppo spesso a evitare. Con la tua testimonianza racconti la possibilità di uno Übermensch (oltre-uomo) che ha il coraggio e la fierezza di essere oltre, ma non di un virgiliano “guarda e passa” oltre, bensì un continuare a vivere pienamente nel segno inevitabile della propria storia esistenziale, che è anche storia mondiale, facendone testimonianza. Fare i conti con la storia è un appello destinato a tutti ma a cui pochi rispondono. Tu sei uno dei pochi. Grazie ancora.